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Il fenomeno Cindia: locomotive d’Asia, superpotenze del futuro

l dragone e l’elefante, la Cina e l’India, con una popolazione sterminata, guidano l’ascesa economica dell’Asia, come aveva già anticipato la Cia anni addietro

Il fenomeno Cindia: locomotive d’Asia, superpotenze del futuro

Fonte: Huffpost.it L’economia cinese ha iniziato la sua corsa a partire dagli anni ’80, quella indiana dagli anni ’90, diventando entrambe dal 2004

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Fonte: Huffpost.it

L’economia cinese ha iniziato la sua corsa a partire dagli anni ’80, quella indiana dagli anni ’90, diventando entrambe dal 2004 gli attrattori degli investimenti di molte multinazionali e le calamiti per le delocalizzazioni occidentali. George Bush in quel periodo storico mise insieme in un discorso pubblico i due Paesi, considerando che, all’interno di un’economia mondiale dinamica, il reale concorrente degli Usa era il blocco della Cindia. Il dragone e l’elefante, la Cina e l’India, la Cindia appunto, che, con una popolazione sterminata, guida l’ascesa economica dell’Asia, come aveva già anticipato la Cia anni addietro.

La Banca Mondiale nel report India Development Update ha previsto una crescita del Pil indiano, dovuta al fatto che si sia dimostrato il Paese più resiliente agli shock del mercato globale e quindi meritevole di sedere sull’Olimpo delle grandi economie, insieme a Cina e Giappone.

Dalle stime, tre delle maggiori economie del mondo saranno così indo-pacifiche.

Nei prossimi anni l’India potrebbe pertanto diventare la quarta economia mondiale, sorpassando la Germania e pesando il 7% del Pil mondiale, mentre il Pil della Cina è del 18%, degli Stati Uniti il 16%. Dietro quello che comunque è stato definito il fenomeno Cindia dal punto di vista economico, va considerata la ricchezza di due civiltà millenarie, due avamposti di saperi e filosofie, eccellenti nelle scienze e nelle arti, con differenze radicali, sistemi politici distanti, dolorosi dislivelli sociali. L’India è passata dal sottosviluppo al prototipo di una società post industriale in pochissimo tempo, grazie a frotte di ricercatori che hanno fatto di Bangalore un’altra Silicon Valley, avanti per outsourcing, manodopera, mercati di consumo, condizioni favorevoli delle politiche economiche al capitale privato, non contando un numero notevole di lavoratori a basso costo da un lato e scienziati dall’altro, con università all’avanguardia come l’Indian Institute of Science (IISc).

Fa riflettere un esempio riportato anni fa da Federico Rampini in un suo libro, in cui evidenziava la differenza di spirito tra americani e indiani, osservando che nei giornali Usa una delle pagine più popolari era quella con le strisce dei fumetti, nei giornali di Calcutta invece le nuove generazioni inserivano le rubriche di equazioni matematiche da risolvere. Siamo stati tutti lettori di quelle strisce, amanti dei Peanuts, però a Calcutta la prospettiva di crescita e intrattenimento era presentata in termini differenti. Il primo ministro dell’India, Narendra Modi, in visita di stato al presidente Biden, ha portato avanti una certa diplomazia dell’opportunismo, ben sintetizzata nell’espressione di un mondo multipolare fatto da “fratelli nemici”, usata dal ministro degli esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar. L’india non è un’alleata dell’Occidente, persegue i propri interessi, è un hub dell’economia globale, il Paese più popoloso al mondo, che fa l’occhiolino a Mosca.

In questo contesto geopolitico l’India vista da Washington è uno dei perni della strategia degli Stati Uniti nel quadrante indo-pacifico, per contenere l’espansionismo cinese, ma continua ad attestarsi sul piano internazionale come un attore autonomo. Questa visione è in linea con gli interessi nazionali dell’India nel breve e lungo periodo, ma è anche coerente con la politica ultranazionalista di Modi, sotto il quale il sistema democratico indiano ha subito una forte involuzione.

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