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Fitch conferma rating dell’Italia e alza l’outlook a positivo. S&P ribadisce: BBB con outlook stabile

Fitch conferma rating dell’Italia e alza l’outlook a positivo. S&P ribadisce: BBB con outlook stabile

Per le agenzie «aumenta la credibilità di bilancio» del Paese, anche resta «il nodo del debito»   Al termine di un venerdì in cui i BTp italian

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Per le agenzie «aumenta la credibilità di bilancio» del Paese, anche resta «il nodo del debito»

 

Al termine di un venerdì in cui i BTp italiani toccano il nuovo minimo di spread da tre anni a questa parte, a 117,4 punti con un rendimento sceso al 3,35%, il Governo incassa la promozione di Fitch, che mantiene la tripla B ma alza a positivo l’outlook affiancata da S&P che invece conferma sia il giudizio BBB sia le prospettive stabili perché la crescita prevista è «rosea» ma rimane la «sfida del debito».

Fitch: «Outlook positivo riflette risultati di bilancio»

Come si legge in una nota diffusa dall’agenzia di rating Fitch, «l’outlook positivo riflette il fatto che il recente rafforzamento dei risultati di bilancio e l’impegno a rispettare le regole di bilancio dell’Unione europea indicano una potenziale riduzione dei rischi di bilancio e di finanziamento a medio termine derivanti dai livelli eccezionalmente elevati del debito italiano. Questo è rafforzato dai segnali di una crescita potenziale più forte e da un contesto politico più stabile».

S&P: «Prospettive di crescita rosee ma debito alto»

«Le prospettive di crescita del pil italiano sono rosee»: l’economia è attesa crescere di circa l’1% nel periodo 2024-2025 rispetto allo 0,2% del decennio precedente alla pandemia. Lo afferma S&P nella nota che accompagna il suo giudizio sui conti pubblici italiani, sottolineando che la maggiore sfida per l’Italia resta l’elevato debito.

«Al 135% del pil nel 2024, il debito italiano è fra i più alti» e si muove verso il 138% nel 2027. «Questo è preoccupante perché limita la capacità del governo di effettuare investimenti a sostegno della crescita», afferma l’agenzia di rating.

S&P: «Saldo primario previsto in surplus entro il 2025»

«Prevediamo che il deficit scenderà sotto il 3% del pil entro il 2027 e che il saldo primario tornerà in surplus entro il 2025, segnalando un graduale miglioramento della traiettoria fiscale sottostante», afferma ancora S&P, prevedendo un «aumento del debito pubblico, principalmente a causa» degli aggiustamenti legati al Superbonus.

«L’outlook stabile – si legge ancora nella nota – si basa sulla previsione di un aumento del debito a di una più resiliente crescita economica in seguito agli stimoli offerti dai fondi europei».

L’impatto sulla manovra

Un ritocco al rialzo era nell’aria, anche se le scommesse della vigilia erano incerte sul fatto che arrivasse già venerdì sera, e segna un ottimo calcio d’inizio per la manovra attesa fra domenica sera e lunedì alla Camera per l’avvio dell’esame. Nel Piano dei conti chiesto dalla riforma delle regole fiscali Ue l’Italia ha promesso di schiacciare in cinque anni il deficit all’1,8% del Pil, far volare il saldo primario strutturale al 2,2% e tenere il ritmo di aumento della spesa primaria all’1,5% evitando nuove avventure fiscali o previdenziali. E gli osservatori mostrano di apprezzare, forse più di alcuni settori della stessa maggioranza, la politica «responsabile e prudente» rivendicata dal ministro dell’Economia Giorgetti in ogni occasione, pubblica e non solo, nel nome di una «credibilità» che offre dividendi proprio in termini di spread.

Ad aiutare c’è ovviamente uno scenario in cui la politica monetaria ha cambiato direzione, grazie a una frenata dell’inflazione tanto netta da alimentare le ipotesi di un ulteriore taglio dei tassi prima della fine dell’anno, con la conseguenza che il Piano dei conti ha potuto mettere a budget una dinamica della spesa per interessi inferiore di 13 miliardi in tre anni rispetto alle previsioni del Def di aprile (Sole 24 Ore del 1° ottobre). Ma come mostra il caso francese, e lo spread di Parigi che viaggia 30 punti sopra i livelli di giugno, le premesse macro possono essere utili ma da sole non bastano. Ed è questo che sta schiacciando lo spread tra BTp e Bund, in questi giorni, sui minimi da tre anni: «I mercati notano che la Manovra è attenta ai conti pubblici e non sta creando conflittualità con l’Europa», osserva Giuseppe Sersale, partner di Anthilia. E questo tranquillizza non poco gli investitori. Che ora prendono atto anche del miglioramento dell’outlook del rating.

Oro sui record

Ma sui mercati la giornata ha vissuto anche altre storie. Il primo è il nuovo, ennesimo, record dell’oro, che ha superato per la prima volta la soglia dei 2.700 dollari l’oncia. Perché? Cosa lo spinge così in alto? Se si leggono i commenti, l’accento viene posto sulle tensioni geopolitiche in Medio oriente. «I mercati hanno il focus sulle tensioni geopolitiche, dopo che Israele ha ucciso il leader di Hamas Yahya Sinwar», scrive Bloomberg nel commento sul metallo giallo. Reuters parla di «domanda per i beni rifugio in vista delle elezioni presidenziali Usa e a causa delle tensioni in Medio oriente». Rhona O’Connell, analista di StoneX, ribadisce lo stesso concetto: «I mercati continuano a guardare la geopolitica e il Medio oriente».

Ma queste ragioni convincono poco. Se così fosse, se davvero i mercati fossero in tensione per il Medio oriente, allora non avrebbe senso che siano sui massimi storici anche le Borse oltre all’oro. Le Borse salgono quando c’è ottimismo, non quando le tensioni solo elevate. E anche ieri Francoforte e Wall Street hanno aggiornato i massimi storici. Allora perché l’oro continua a correre? Le spiegazioni possono essere tante, e una guarda alla Cina: da quando a maggio la Banca centrale ha smesso di accumulare oro (per equilibrare le riserve a favore del metallo giallo), è cresciuto in maniera esponenziale l’accumulo nei silos industriali in Cina. Questo, unito a vari altri motivi, ha portato l’oro a superare la soglia di 2.700 dollari l’oncia.

In questo contesto, le Borse hanno chiuso la settimana in positivo. Venerdì sono state trascinate al rialzo dalla notizia di nuovi stimoli in Cina (si veda articolo a fianco) e dall’umore positivo scattato dopo il taglio dei tassi da parte della Bce. Così Milano ha chiuso in rialzo dello 0,47% (+2,61% in settimana), Parigi dello 0,37% e Francoforte dello 0,38%.

di Morya Longo e Gianni Trovati

Fonte: Il Sole 24Ore

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