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Cos’ è la vita nel metaverso?

L’Internet a tre dimensioni - dove lavorare, giocare, fare acquisti - è realtà. Abbiamo chiesto a due esperti di tecnologia di provare le piattaforme più note. Leggete il loro racconto, con voti finali. Incontri sorprendenti, un po’ di noia (e a volte paura)

Cos’ è la vita nel metaverso?

Fino allo scorso ottobre nessuno o quasi aveva mai sentito nominare il metaverso. Da quando, invece, Mark Zuckerberg lo ha indicato come il futuro d

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Fino allo scorso ottobre nessuno o quasi aveva mai sentito nominare il metaverso. Da quando, invece, Mark Zuckerberg lo ha indicato come il futuro della sua azienda – che si chiamava Facebook ed è stata ribattezzata Meta, non a caso – il termine è diventato uno dei più citati, cercati, dibattuti e inseguiti da persone e marchi. Superato alla bell’e meglio lo scoglio del cos’è – la definizione più o meno c’è: è e sarà una Internet in tre dimensioni dove vivere, lavorare, giocare, divertirsi e fare acquisti sotto forma di avatar – ci siamo chiesti dov’è e come esiste già, come funziona, cosa succede al suo interno e che forma sta assumendo il metaverso. Anzi, i metaversi: perché sono più di uno, come del resto i colossi impegnati in una corsa a perdifiato verso un futuro (per loro ancora) redditizio, dalla già citata Meta passando per Microsoft, Apple ed Epic Games. Noi siamo Federico e Martina, quasi 90 anni in due (divisi in modo non proprio equo), scriviamo di tecnologia sul Corriere della Sera e abbiamo intrapreso questo viaggio nelle tre piattaforme principali attualmente disponibili per cercare risposte e fare esperienze.

Federico e Roblox

Avviene a volte – e questo accade in realtà spesso se parliamo di digitale – che il genitore lasci le manine dei figli per condurli e invece si metta a seguirli, anche se è un appassionato ed esperto di videogiochi, come me. Niente di più vero se parliamo di Roblox. L’ingresso in quello che è il metaverso più popolato del momento – 100 milioni di utenti unici (più che) attivi al mese – è molto facile, alla portata di tutti. Si installa l’app, cioè il software for dummies per eccellenza, si sceglie un nome – che data la folla difficilmente potrà essere esattamente il vostro preferito, che sarà già in uso – e con due colpi di dito si crea il proprio avatar.

Niente euro, volendo la parte Premium (5,49 euro al mese) non è necessaria: servono Robux, la moneta corrente, ma per averla bisogna consegnare pizze, compiere imprese di varia natura, fare amicizie etc. E noi partiamo da zero. Però trovata la maglietta con Spiderman, il vecchio cultore dell’Uomo Ragno si sente già piuttosto elegante. Il vero problema è dopo, quando dal menù Home troviamo la proposta di decine di mondi da esplorare, tutti creati dagli utenti stessi e con tanto di giudizio sulla qualità dell’esperienza e numero di utenti attivi in quel metaverso particolare.

Perché Roblox è un crocevia di diversi mondi, da paradisi statunitensi come Brookhaven (popolazione 198mila, oltre 16 miliardi di visite!) a terrificanti parkour – chiamati in Roblox anche Obby da “Oh Baby” – senza apparente significato come Tower of Hell.

La domanda che uno si pone è: e ora che faccio? Ecco che viene in aiuto una figlia, che con un gesto di pietà ti offre l’amicizia, andando a cancellare quel terribile zero nella colonna degli “Amici”. «È come andare al parco, ci trovi i tuoi compagni, giochi e chatti con loro». Ah, e poi? Basta, finisce lì. Mi metto al bancone di una pizzeria e cerco di soddisfare i clienti, adotto un animale, partecipo a una gita in campeggio (dove poi compare però un terrificante assassino), vado nei campi gioco di Nikeland e nello skate park Vans, indosso una testa da avocado da Chipotle (ma scopro che i buoni per un burrito reale gratuito sono già finiti) e partecipo alla creatività dei cappellini che poi Forever21 vende davvero nei suoi negozi. Una volta capito che invece lo spazio di Benetton deve ancora aprire, decido di aver avuto tutto quello che Roblox aveva da darmi. E mi sento un po’ più vecchio.

Fonte: Corriere della Sera.it

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