Cammina, può essere telecomandato a distanza, ma si fa fatica a vederlo a occhio nudo. Si tratta dell'attuale detentore del titolo di robot semovente
Cammina, può essere telecomandato a distanza, ma si fa fatica a vederlo a occhio nudo. Si tratta dell’attuale detentore del titolo di robot semovente e controllabile a distanza più piccolo mai costruito: un microscopico granchietto con un diametro di appena mezzo millimetro, sviluppato nei laboratori della Northwestern University. A cosa serve? Al momento, a dire il vero, a nulla. In futuro però robot del genere potrebbero effettuare riparazioni in spazi irraggiungibili da essere umani e strumenti di dimensioni normali; potrebbero assistere i chirurghi nelle operazioni più delicate; somministrare farmaci all’interno del corpo umano, direttamente nei tessuti che ne hanno più bisogno. Non è un caso, allora, se nel campo della robotica la miniaturizzazione sta diventando un’autentica ossessione: più piccoli i robot diventano, più nascono nuovi, potenziali, campi di applicazione. Con il bonus aggiuntivo che dispositivi così piccoli sono anche molto più resistenti a danni e incidenti, e relativamente economici da costruire.
Roboapi
Robomosca
Nato dalla mente di uno dei creatori di RoboBee, Roboflie è ispirato alla biologia di una mosca, ma rimane il successore dell’ape robot sotto molti aspetti. La sua caratteristica principale è infatti la capacità di fare a meno di un’alimentazione diretta attraverso un filo elettrico, sfruttando al suo posto una cella fotovoltaica e un raggio laser. Puntando il laser contro il robot, questo inizia a battere le ali convertendo l’energia luminosa in elettricità. Anche in questo caso è presto per parlare di un robot utilizzabile in situazioni reali, perché al decollo il robot perde istantaneamente il contatto con il laser e si spegne. Ma è un passo in avanti importante: secondo i suoi sviluppatori presto sarà possibile alimentarlo utilizzando segnali radio o minibatterie portatili.
Mini capesante
Lunghe una frazione di millimetro, e capaci di nuotare autonomamente nei fluidi corporei come il sangue. Le mini-capesante presentate nel 2014 su Nature Communications da un team di ricercatori del Max Planck Institute for Intelligent Systems devono il loro nome alla peculiare strategia con cui si spostano. Utilizzano infatti una sequenza di movimenti chiamata moto reciproco, cioè un movimento simmetrico nel tempo, come può essere muovere le braccia in avanti e poi indietro in senso contrario. In acqua nuotando così rimarremmo sostanzialmente immobili, perché i due movimenti produrrebbero due spostamenti opposti ed uguali. Il sangue (come molti altri fluidi corporei) è però un fluido non newtoniano, la cui viscosità dipende cioè dalla forza che gli viene applicata. In un ambiente del genere, un nuotatore reciproco è in grado di spostarsi nonostante i suoi movimenti siano simmetrici nel tempo. La spiegazione del perché è complessa, ma quello che ci interessa è che viene descritta dal cosiddetto teorema della capasanta, da cui i microrobot in questione prendono il loro nome. Si tratta – spiegano i loro inventori – di uno schema generale su cui modellare futuri microrobot a scopo medico, capaci di nuotare autonomamente nel nostro corpo e svolgere una miriade di compiti differenti.
Robopillole
Una delle maggiori promesse della microrobotica in campo medico è quella di somministrare i farmaci direttamente dove possono essere più utili. Il modo più semplice è utilizzare una robo-pillola: una vera e propria compressa smart, capace di guidare i suoi spostamenti per raggiungere l’obbiettivo, e quindi inoculare il farmaco scelto nei tessuti. Una delle più avanzate già disponibili sul mercato si chiama Ranipill, ed è in grado di navigare all’interno dello stomaco fino a raggiungere l’intestino, dove permette di iniettare quanto desiderato senza che i pazienti sperimentino alcun tipo di fastidio.
Robotscarafaggio
In questo caso serve una certa fantasia per definirlo robot. Quella sviluppata dai ricercatori di Berkeley è fondamentalmente una lastra di polivinilidenfluoruro ricoperta con una sottile strato di un polimero elastico. Applicando della corrente elettrica, comunque, è capace di muoversi. E ha una caratteristica unica, che lo fa assomigliare a insetti resistenti come gli scarafaggi: è pressoché impossibile da distruggere. Nei test effettuati dai suoi inventori il piccolo “robot” è sopravvissuto dopo essere stato schiacciato da una persona di 60 chili. Una caratteristica molto utile in situazioni di emergenza, come nel caso di soccorsi in un’area terremotata. Prima di rendersi realmente utile, però, il robot scarafaggio dovrà imparare qualche trucco in più, perché al momento è in grado unicamente di muoversi e di sopravvivere se viene calpestato.
Fonte: Wired.it