La Israel Innovation Authority del ministero dell'economia eroga centinaia di milioni di dollari alle startup, che restituiscono il denaro solo se h
La Israel Innovation Authority del ministero dell’economia eroga centinaia di milioni di dollari alle startup, che restituiscono il denaro solo se hanno successo. C’è anche un fondo di vc a partecipazione governativa e uno privato “scaturito” dal primo. «Sono driver di crescita» dice a EconomyUp Ora Dar, dirigente dell’Autorità
Centinaia di milioni di dollari di finanziamenti pubblici erogati in questi anni, un fondo di venture capital con partecipazione minoritaria del governo che nel 2015 ha raccolto 222 milioni di dollari, un altro fondo vc privato “scaturito” dal primo con raccolta pari a 320 milioni di dollari, varie centinaia di progetti innovativi che nascono ogni anno: sono alcuni dei numeri della Israel Innovation Authority, esempio particolarmente interessante di sostegno pubblico all’innovazione. Israele sta puntando molto, e da molto tempo, sull’imprenditoria innovativa, convinta che sia una delle principali leve per incrementare il Pil (Prodotto interno lordo), generare occupazione e attirare capitali stranieri nel piccolo Stato medio-orientale. Perciò è nata presso il ministero dell’Economia l’Autorità per l’Innovazione di Israele, la cui missione è contribuire ad ottenere la prosperità economica attraverso l’innovazione tecnologica lavorando a stretto contatto con l’industria. Un’iniziativa con ben 40 anni di storia alle spalle. Lo conferma Ora Dar, capo del settore Life Sciences della Israel Innovation Authority, intervistata da EconomyUp. “Da gennaio 2016 è cambiato il brand, adesso ci chiamiamo appunto Autorità israeliana per l’Innovazione, prima eravamo l’Office of the Chief Scientist (Ocs). E siamo sempre stati sotto il ministro dell’Economia”.
Il governo israeliano aveva una strategia per l’innovazione già 40 anni fa?
Sì. Da cinque anni a questa parte abbiamo scoperto sul nostro territorio risorse naturali come il gas, ma fino a quel momento non ne avevamo a disposizione. Il “cervello” era l’unica risorsa in nostro possesso. Così abbiamo iniziato a pensare come sfruttare al meglio questa risorsa. Siamo diventati terzi al mondo per l’esistenza di centri di trasferimento di tecnologie e attiriamo investimenti stranieri: sono 270 i grandi gruppi che oggi lavorano in Israele, nel 2010 erano appena cinquanta.
Come è organizzata l’Autorità?
Sostanzialmente in tre rami: supporto alle società, agevolazione dei rapporti tra industria e università e venture capital finanziato dal governo. Per quanto riguarda il link tra atenei e aziende, noi non ci occupiamo di finanziare le attività scientifiche, ma di fornire fondi per il trasferimento di tecnologie dalle università all’industria. Il nostro contributo a progetti di questo tipo va dall’85% al 90% del budget richiesto e lo versiamo a fondo perduto. Non mettiamo il 100% perché vogliamo stimolare il mondo dell’industria a farsi avanti, valutare l’importanza del progetto e contribuire a delineare il piano di lavoro. In un arco di tempo di 2 o 3 anni vogliamo che la tecnologia sviluppata sia più attrattiva per gli investitori privati. Questo è lo scopo specifico del percorso.
Stiamo parlando di startup?
Sì, ma non solo. Questo tipo di finanziamenti non riguarda soltanto le startup, è denaro che va alle università. Le startup nascono quando c’è un trasferimento tecnologico e quando la tecnologia si sposta dagli atenei all’impresa. Talvolta continua ad essere sviluppata all’interno delle università per un certo periodo, ma questo serve per sviluppare qualcosa che alla fine sia più orientata al pensiero commerciale. In sostanza eroghiamo fondi alle università per la ricerca applicata.
Come funziona invece il ramo dell’Autorità a sostegno delle imprese?
Il Techological Incubators Program dello Stato di Israele ci consente di finanziare le startup ospitate negli incubatori. Dopo un’apposita selezione delle startup da finanziare, l’Autorità eroga finanziamenti per l’85% del valore dell’investimento, che è già molto ma non è tutto. L’incubatore deve provvedere con un ulteriore 15%.
Anche questi sono finanziamenti a fondo perduto?
Non esattamente. Mentre per le università ovviamente lo sono, alle imprese diamo fondi chiedendone la restituzione una volta che il prodotto è sul mercato. Condividiamo il rischio, ma se la startup ha successo, vogliamo indietro il grant in base alla percentuale delle vendite effettuate e fino a quando non è del tutto ripagato. Non mettiamo equity, non siamo partner, è una sorta di prestito condizionato senza interessi.
Come avviene la selezione delle startup da finanziare?
Abbiamo un gruppo di valutatori con esperienza sia nel settore della ricerca sia in quello dell’industria. Valutano le imprese che si sono candidate incontrando il team, andando a visitare la società e cercando di farsi un’idea. Dopodiché elaborano un report, poi la parola passa a un Comitato al quale spetta il giudizio finale. È una procedura molto competitiva, cerchiamo la qualità
Quanti fondi avete erogato l’anno scorso?
125 milioni di dollari come grant solo per le scienze della vita. Una cifra minore è andata agli incubatori, i quali talvolta aggiungono volontariamente denaro di tasca propria perché vogliono che il progetto si sviluppi in modo più veloce.
Sono sempre co-investimenti con le imprese private?
Sempre. Da parte nostra non imponiamo diktat, non diciamo in quali direzioni deve essere allocato il budget, se per la ricerca sul cancro o per quella sulle malattie infettive. Ma le realtà che finanziamo nel Life Science dovranno avere particolari strumenti innovativi, perché in questo momento il settore lo richiede. Abbiamo poi un Fondo di venture capital privato, dove il governo è un partner minoritario. Funziona così: il governo sceglie i management partner e poi dice loro ‘Andate e trovate il denaro, noi metteremo una certa quota’. Siamo partner di minoranza perché in questo modo saremo i primi a perdere e gli ultimi a guadagnare, mentre gli altri hanno un ritorno sugli investimenti. È stata un’iniziativa unica nel suo genere e ha riscosso un tale successo che sono arrivati finanziamenti dalle industrie in misura maggiore di quanto prefissato. Così è nato un Fondo addizionale, senza il nostro coinvolgimento.
Quanto denaro avete raccolto con il Fondo di venture capital governativo?
222 milioni di dollari. L’altro fondo, annunciato un mese fa, ha raccolto 320 milioni di dollari. Basato sul successo del primo fondo, è nato il secondo fondo, solo per startup israeliane. In genere le nuove società si creano inizialmente grazie ai business angels. Oggi i fondi di vc stanno creando nuove società.
Quante startup sono nate l’anno scorso grazie alla vostra attività?
Non ho numeri precisi, anche perché eroghiamo finanziamenti per il primo anno, ma continuiamo anche nel secondo o nel terzo. Cominciamo con finanziamenti early stage, poi passiamo a un importo superiore, è un processo continuativo. Tuttavia posso stimare che ogni anno vengono finanziati almeno 400 progetti tra ricerca universitaria e startup.
Quanto influisce sull’andamento dell’economia?
Il 50% delle attività industriali israeliane viene dall’hi-tech, di questo il 25% proviene dal settore delle Scienze della Vita. Ogni dollaro versato dal Chief Scientist si moltiplica per 10.
Dove trovate il denaro?
Per noi finanziare l’innovazione è una cosa molto importante per l’economia. Nel 2009, in piena crisi economica, abbiamo ottenuto denaro aggiuntivo per il nostro fondo perché abbiamo ritenuto che, grazie alle attività innovative, l’economia sarebbe migliorata. Inoltre, come governo, stiamo anche supportando le banche nell’erogazione di prestiti e stiamo dando incentivi fiscali ai privati che investono nel settore. Tutto si tiene, l’intero ecosistema è focalizzato sull’innovazione.
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